Non si sa mai che incontri si possono fare in estate nelle
isole Eolie, quando il sole cocente di Ferragosto infiamma le gote delle
giovani turiste, eccitate per il loro primo viaggio nell’estremo Sud europeo.
Arrivate da pochi giorni a Lipari, quella mattina le
signorine Hasselback, due allegre patatine svedesi, non lunghe e snelle come le
loro conterranee, ma altrettanto gioviali, belle e bionde, vollero rinfrescarsi
nelle fresche acque del luogo e si tolsero tutto di dosso, per prendere meglio
la tintarella.
Le loro giovanissime e tondeggianti forme risultavano irresistibilmente
attraenti, specialmente per quei giovani pesci, abitanti del Mar Mediterraneo,
che ogni anno, da luglio a dicembre, se la fanno all’ombra delle numerose
barchette che portano in giro i turisti. Da lì sotto, ben nascosti, ogni tanto
possono sperare di addentare … roba buona!
È stato così che quel dì di fine Agosto, un aitante
Caponcino (o Lampughino), magro e scuro di carnagione, ma ben muscoloso e
promettente, affacciandosi dal gommone presso cui aveva trovato ristoro vide le
due giovani e nordiche patate a mollo all’acqua, completamente nude… in un sol
colpo di pinna fu da loro e le invitò per cena, senza pensarci mezza volta…
Si preparò quindi per bene, pulendosi come mai aveva fatto
in vita sua, finanche il vestito decise di cambiare, affittando una livrea
dorata e un panciotto variopinto con i colori tipici delle isole.
Loro, le biondine, ignare delle reali intenzioni del
giovanotto, continuarono imperterrite a prendersi il sole, cuocendo sotto i
suoi raggi sino a diventare del color del fuoco! Si erano financo cosparse di
burro e olio di oliva, perché, così gli avevano detto, l’abbronzatura avrebbe
avuto un tono in più!
Così quella sera avvenne il grande incontro!
Quando il giovane pesce Capone, impupatissimo e tutto profumato,
arrivò sotto casa con una carrozza nera e tirata a lucido, le due giovani
svedesine non esitarono un attimo e saltarono su, felici per l’invito.
Non avvenne nulla di eclatante, quella sera, se così avevate
pensato!
Il Capone, da bravo maschio latino, non appena le vide, con
quelle cernierine tutte aperte e senza nemmeno le calze, intuì che le bionde,
le straniere, sapevano il fatto loro e che c’era poco da scherzare a fare il
cascamorto. Due contro uno? Non ce la poteva mica fare!
Approfittò quindi del romantico chiaror di luna delle sue care
e fedelissime amiche cipolle e decise di portarle in giro con la carrozza,
sperando che qualcuno, nel frattempo, si invaghisse di una delle svedesi, rendendo
così il suo compito meno arduo!
La prossima volta, pensò, meglio che m’innamoro di una
femmina del posto. Magari una bella melanzana, scura come me, grossa si e pure
soda, ma nostrana oppure tunisina, va anche bene! Purché non sia così sfacciata
e soprattutto che non si presenti con l’amica!
Me l’aveva detto la mamma che la caponata si fa con le
melanzane!
Il Capone o Lampuga è un pesce che, da luglio a dicembre,
arriva giovanissimo nel Mar Mediterraneo (non si sa dove nasca e dove poi vada
a nascondersi a fine anno) e vi staziona, sino a raggiungere il chilo e mezzo
di peso, nascondendosi sotto qualsiasi oggetto galleggiante. In Sicilia è noto
soprattutto per la tradizionale ricetta in agrodolce, la Caponata per l’appunto,
che nel tempo è stata soppiantata quasi del tutto da quella di melanzane, più
economica di quella col pesce.
Le Hasselback potatoes sono delle patate (rosse in genere,
ma anche di altra pasta) cotte al forno e a lunga cottura, con del burro,
aromatizzate e con del formaggio. Ma la vera caratteristica è la loro
particolare forma: vengono infatti lasciate intere e aperte, come un libro o per
l’appunto come una cerniera, mediante una serie di tagli paralleli e molto vicini
fra loro. Col calore del forno le incisioni profonde si aprono e la patata
assume un colore brunito. Croccante fuori, morbidissima dentro. Prendono il
nome dal ristorante svedese omonimo che ha inventato la ricetta.
2 Caponi da 300 g ciascuno, da far pulire e sfilettare,
togliendo tutte le spine grosse; 5 o 6 pomodorini ciliegia maturi, 20 capperi
sotto sale, 10 olive nere, olio evo, pangrattato (senza glutine per i celiaci),
mezza cipolla bionda, dieci mandorle, una trentina di foglie di basilico, 5 o 6
foglie di salvia.
Ingredienti per le Hasselback potatoes (alla salvia)
4 patate medio/piccole o due grosse (patate rosse o, se
come me non le avete in casa, quelle normali), un cucchiaio di burro (30 g
circa), una decina di foglie di salvia, sale, olio evo, un pizzico di
pangrattato (sempre senza glutine per i celiaci).
Procedimento
Preparate per prima cosa le patate. Di questa famosa ricetta svedese in Internet ne esistono molte
versioni, ovviamente tutte simili. Io ho aggiunto alcune varianti personali. La prima? non ho messo il formaggio!
Se volete lasciarle con la buccia, pulitele molto, ma
molto bene. Se invece hanno la buccia poco tenera, se non sono biologiche o se
sono troppo sporche, sbucciatele, lavatele, asciugatele e poi asportate una
fettina di polpa alla base (secondo il lato più lungo) per stabilizzarne la
posizione orizzontale. Infine, infilate uno stecchino a mezzo centimetro dalla
base e usatelo come traguardo per il taglio della patata. Le fettine,
ortogonali allo stecchino, devono essere molto sottili, di circa 3 o 4 mm, non
di più. una volta tagliate tutte le patate, adagiatele dentro una teglia,
versateci sopra il burro fuso con la salvia tritata molto finemente, salatele,
pepatele e infornatele a 200° ventilato, preriscaldato, per 30 minuti (se sono
piccole come le mie) per 40 minuti se sono più grandi.
Quindi tiratele fuori
dal forno, spolverateci sopra un poco di pangrattato, un filo d’olio evo e re
infornate per altri 15/20 minuti (dipende dal forno e dalla grandezza delle
patate) sino a che non si dorino e si formi la crosticina. Poi mettetele da
parte, coperte, e qualche minuto prima di impiattare passatele al grill per
cinque minuti, versandoci prima il burro fuso recuperato dalla teglia.
Mentre le patate cuociono al forno, voi preparate il pesce...
Frullate assieme i capperi (precedentemente messi a mollo ad acqua fredda, per una ventina di minuti, e poi sciacquati e strizzati), le olive denocciolate e un poco
d’olio evo. Non teneteli troppo nello sminuzzatore elettrico (io per piccole dosi uso questo attrezzo, al posto del frullatore), non devono diventare cremosi, piuttosto devono assumere la
consistenza di un paté. Quindi ungete con le mani i filettini del pesce da entrambi i
lati, spargete un poco del paté (due cucchiaini rasi al massimo) su uno dei due
filetti, distribuiteci sopra i pomodorini tagliati a fettine molto sottili e
privati dei semini e dell’acquetta di vegetazione, due foglie di basilico spezzettate a mano e poi chiudete con l’altro
filetto. Ungete la parte superiore con olio evo e spolverate con un pizzico di
sale (poco) e molto pangrattato, cercando di farlo entrare anche ai lati.
Riponete i filettini così ricomposti dentro una teglia
antiaderente unta d’olio evo, al centro disponete la cipolla tagliata a fettine
di pochi millimetri, distribuite infine sia sopra il pesce che sulla cipolla un
filo d’olio evo e poi infornate, a 180° ventilato pre riscaldato per 18 minuti.
crudo, pronto per essere infornato... |
cotto, appena uscito dal forno... |
Servite quindi in piatto con due rondelle di cipolla, un
cucchiaio di pesto (ottenuto continuando a frullare il paté avanzato assieme al
basilico, alla salvia, alle mandorle e ad altro olio. Non salatelo, perché i
capperi e le olive sono già molto salati) e due patate calde. Decorate con
foglioline di salvia fresca.
Buon appetito!!!
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