La Sicilia è l'isola del Sole e i frutti della sua terra ne sono un riflesso, nei loro colori dorati, nelle loro forme, nella loro brillantezza. Così i piccoli ceci, rotondi e gialli, così l'Elicriso, luccicante e argenteo, così l'uva delle isole minori, lo Zibibbo, dolce e preziosa come l'oro. Tre piante resistenti e generose, che delle avversità climatiche tipiche di questa amara Isola hanno fatto una risorsa. Tre frutti del Sole, tre piccole stelle circondate dal mare, che vi propongo di assaporare ad occhi chiusi.
I ceci innanzitutto...
un legume molto nutriente e buono, dalle mille trasformazioni (tanto per dirne una, la Panella palermitana!)... Si narra che nel 1711 il Vescovo di Lipari, un certo padre Nicolò Maria Tedeschi, si rifiutò di pagare una tassa, il plateatico, per l'utilizzo del suolo pubblico al mercato: 1 kg di ceci, era questo l'importo in natura che avrebbe dovuto versare ai riscossori del Comune per vendere i suoi prodotti nel mercato pubblico. Per un chilo di ceci impose la scomunica prima alle guardie daziarie, poi al paese e infine alla diocesi tutta. Scatenando, con quel chilo di ceci che comunque gli fu subito restituito per metterlo a tacere, una controversia per l'Apostolica Legazia tra il potere ecclesiastico e quello monarchico, che si risolse solo grazie all'intervento pacificatore di Carlo VI d'Austria.
La pianta del cecio, molto simile alle altre leguminose, è forse tra quelle la più rustica, resistente al sole, al caldo, alla siccità, ai terreni secchi ed aridi... versatile e generosa, ecco perché da sempre in Sicilia è così diffusa e rispettata.
un legume molto nutriente e buono, dalle mille trasformazioni (tanto per dirne una, la Panella palermitana!)... Si narra che nel 1711 il Vescovo di Lipari, un certo padre Nicolò Maria Tedeschi, si rifiutò di pagare una tassa, il plateatico, per l'utilizzo del suolo pubblico al mercato: 1 kg di ceci, era questo l'importo in natura che avrebbe dovuto versare ai riscossori del Comune per vendere i suoi prodotti nel mercato pubblico. Per un chilo di ceci impose la scomunica prima alle guardie daziarie, poi al paese e infine alla diocesi tutta. Scatenando, con quel chilo di ceci che comunque gli fu subito restituito per metterlo a tacere, una controversia per l'Apostolica Legazia tra il potere ecclesiastico e quello monarchico, che si risolse solo grazie all'intervento pacificatore di Carlo VI d'Austria.
La pianta del cecio, molto simile alle altre leguminose, è forse tra quelle la più rustica, resistente al sole, al caldo, alla siccità, ai terreni secchi ed aridi... versatile e generosa, ecco perché da sempre in Sicilia è così diffusa e rispettata.
... e poi il profumo intenso dell'Elicriso
Sparsi in maniera selvaggia lungo la costa liparitana e di tutte le nostre isole minori e non, fanno spesso capolino i cespugli di Elicriso. Potreste anche non vederli, se confusi nella macchia mediterranea, ma di certo non potrete non sentirli! L' Elicriso è un arbusto piccolo e iridescente, dal profumo dolce e aromatico, ma differentemente dal cecio non ha mai scatenato dispute di alcun genere. Questo non significa che nel passato più antico e nobile dell'isola l'Elicriso non occupi un posto d'onore.
Sparsi in maniera selvaggia lungo la costa liparitana e di tutte le nostre isole minori e non, fanno spesso capolino i cespugli di Elicriso. Potreste anche non vederli, se confusi nella macchia mediterranea, ma di certo non potrete non sentirli! L' Elicriso è un arbusto piccolo e iridescente, dal profumo dolce e aromatico, ma differentemente dal cecio non ha mai scatenato dispute di alcun genere. Questo non significa che nel passato più antico e nobile dell'isola l'Elicriso non occupi un posto d'onore.
Sole (helios) d’oro (chrysos)! L’oro che si riservava agli dei! Questa l'etimologia del nome Elicriso. Con i suoi fiori gialli, coriacei e semprevivi (mantengono nel tempo l'aspetto fresco, senza appassire) sia i Romani che i Greci adornavano le statue delle loro divinità sacre. Usi religiosi, dunque, ma anche farmacologici, fitoterapici … e culinari! Da sempre le foglie dell'Elicriso vengono usate per aromatizzare risotti, carni e… pesce! Il suo uso, nel tempo, si è circoscritto per lo più alla farmacologia, anche se persiste nella lingua inglese la memoria della sua versatilità organolettica. Nei paesi anglosassoni l’Elicriso è noto infatti come il “curry vegetale” o “pianta del curry” (per saperne di più, vi lascio questi link dove troverete maggiori informazioni su questa antichissima pianta - cliccando QUA - e tutte le mie ricette con l'Elicriso - cliccando QUA).
E infine c'è lui, lo Zibibbo...
Cresce la dove la natura più selvaggia e generosa regala all'uomo saggio, che la conosce e l'asseconda, pochi ma preziosissimi frutti. Al riparo tra antiche mura laviche, le piante si adeguano al clima ventoso e si rannicchiano, deformandosi ma non disperdendo del suolo arido nemmeno una goccia d'acqua che la condensa notturna trasforma in perle di rugiada. La loro unica alimentazione. Per questo, tutto ciò che nasce in quest'isola, così come in tutte le altre solitarie testimonianze vulcaniche circondate dalle onde, ha un sapore intenso, caldo, dolce. L'uva piccola, rotonda, profumatissima e altamente zuccherina, lo Zibibbo, è forse il miglior regalo di questo delicato equilibrio tra l'uomo e la natura indomita.
Non voglio dirvi altro, ma aggiungo solamente che l'incontro tra questi tre ingredienti è celestiale! Mancava il sapore del mare, senza cui ogni altra storia non avrebbe avuto origine. Da qui la presenza del pesce, che siano molluschi, come le Capesante, o altro pesce carnoso del Mediterraneo, poco importa. Basta che sappia di iodio, alghe e sale marino...
Adesso dunque parli il cibo!
Ingredienti per due porzioni (o 8 piccoli finger food)
80 gr di ceci secchi
400 g di acqua
¼ di cipolla bionda (o uno scalognetto)
olio evo
sale
pepe nero e peperoncino piccante
1 rametto di Elicriso (in mancanza, ½ cucchiaino da caffè di curry)
8 piccole capesante (le mie erano surgelate, se le trovate fresche
è meglio. Ma potete anche sostituirle con le gamberoni o vongole, oppure ancora meglio con polpa di rana
pescatrice, tagliata a pezzetti e cotta allo stesso modo... basta che sia pesce senza spine e carnoso)
Elisir di Zibibbo, poche gocce (posso dirvi come procurarvelo, è una prelibatezza
di Pantelleria, ma in mancanza, potreste usare miele liquido di fiori di zagara)
Il succo di mezzo limone
Procedimento (con tutor)
Il giorno prima, dopo pranzo, mettete a mollo i ceci e
cambiategli spesso l’acqua. L’indomani, dopo 24 ore, sciacquateli bene (se volete togliere la buccia bene, ma dovendoli frullare potete farne a meno, io non l'ho tolta) e
versateli in un tegamino dove avrete soffritto la cipolla, tritata, con qualche
cucchiaio di olio evo (tre dovrebbero bastare). Fateli rosolare appena qualche
secondo, poi versateci sopra l’acqua fredda, salate, pepate, portate a bollore
e poi abbassate la fiamma al minimo, lasciando sobbollire sino a quando l’acqua
non sfiori i ceci. A quel punto assaggiatene uno e se vi sembra cotto spegnete
(ci vorranno almeno due, ma anche tre ore), altrimenti continuate ancora a
cuocerli.
Appena avranno raggiunto la giusta morbidezza (non devono
sfarsi) spegnete, immergete al centro il rametto di Elicriso, coprite e
lasciate raffreddare (chi volesse mettere il curry al posto dell'Elicriso, dovrà aggiungerlo successivamente, alla vellutata).
Dopo un paio d’ore circa, mettete da parte alcuni ceci per guarnire le porzioni, togliete il rametto di Elicriso e frullate per bene il resto dei ceci, sino a ridurli a crema, aggiungendo al bisogno quel tanto di acqua utile ad ottenere la consistenza desiderata. Rimettete sul fuoco, a fiamma bassa, (in questa momento se usate il curry potete aggiungerlo) e all’occorrenza ammorbidite con altra acqua, per ancora una decina di minuti. Quindi spegnete e riscaldate prima di servire.
Dopo un paio d’ore circa, mettete da parte alcuni ceci per guarnire le porzioni, togliete il rametto di Elicriso e frullate per bene il resto dei ceci, sino a ridurli a crema, aggiungendo al bisogno quel tanto di acqua utile ad ottenere la consistenza desiderata. Rimettete sul fuoco, a fiamma bassa, (in questa momento se usate il curry potete aggiungerlo) e all’occorrenza ammorbidite con altra acqua, per ancora una decina di minuti. Quindi spegnete e riscaldate prima di servire.
Preparate un’emulsione con il succo di mezzo limone,
altrettanta quantità di olio evo, pepe nero e peperoncino piccante a piacere. Immergetevi il
pesce (capesante o rana pescatrice a pezzetti. Se volete guarnire con le vongole,
dovrete cuocerle diversamente, come un souté, guardate QUA come si fa) e fatelo marinare per mezz’ora.
Poi riscaldate bene una padella antiaderente (io in pietra, è ottima), sgocciolate
il pesce dalla marinatura e arrostitelo, girandolo quando necessario. Salatelo
solo dopo la cottura, giusto un po’.
Poggiate le capesante (o la rana, o le vongole) sopra la
vellutata di ceci, ben calda, grattugiate ancora un po’ di pepe nero e versate
sopra il pesce qualche goccia di Elisir di Zibibbo. Servite subito.
L’elisir di Zibibbo è uno sciroppo ottenuto dalle prime
gocce dell’uva di Pantelleria. Io l’ho comprato sul posto, presso un’azienda
locale a gestione familiare, KonzaKiffi. Ma è in vendita anche online.
Se non l’avete o non potete trovarlo, non rinunciate a
questa magia di sapori siciliani, sostituitelo con del miele di zagara, poche
gocce basteranno.
Spero vi sia piaciuto l'accostamento, non è usuale ma nemmeno così estroverso! credetemi, c'è tutta la Sicilia in questo piatto!
Spero vi sia piaciuto l'accostamento, non è usuale ma nemmeno così estroverso! credetemi, c'è tutta la Sicilia in questo piatto!
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Baci, Bimbapimba
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