Quando il Principe di Salina, Don Fabrizio Corbera, si stabiliva per l'estate nel palazzo di Donnafugata, l'esercito di cuochi e cuoche a suo servizio si mettevano all'opera dopo mesi di meritato riposo per esaudirne tutti i capricci.
Come molti di noi ricordano, le cene e i pranzi sontuosi dei Baroni siciliani erano composti da decine di portate, tutte appariscenti ed elaboratissime, ma a quanto sembra non poteva mai mancare nelle tavole felici di allora, e non solamente nobili, il famoso Timballo del Monsù, un pasticcio di maccheroni in crosta contenente al suo interno, oltre la pasta, vari tipi di carne e frattaglie, formaggio, aromi e besciamella (in realtà una sorta di crema dolce). Un'opera d'arte di cui il grande capo cuoco (il Monsù, per l'appunto) delle più ricche famiglie aristocratiche era l'artefice!
Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo "il Gattopardo" ne ha fornito una intrigante descrizione, grazie alla quale questa ricetta, facente parte della nostra storia gastronomica, è entrata anche nella letteratura internazionale:
"L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di
cannella che emanava non erano che il preludio della sensazione di delizia che
si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne
erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di
pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto e di tartufi impigliate
nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti cui l’estratto di carne
conferiva un prezioso color camoscio"...
Ben lungi dalla pretesa di sfornare una simile e voluttuosa pietanza, sprigionante sensualità in ogni dove (fra cani che abbaiano, gatti che miagolano e mio marito che fa lavori in giardino non ero molto invogliata in tal senso), oggi ho optato per una versione più leggera e veloce. Ma non meno torreggiante e babelica di quella del Principe!
Come sempre, ho finito per modificare la ricetta originale (che poi si sa bene che in ogni famiglia ne esiste una differente versione, diciamo che questa è la mia!) in base ai nostri gusti personali e alla disponibilità della cucina. Niente interiora (e ahimè niente formaggio, poiché mio marito non ne mangia per cui io oggi ho dovuto farne a meno ma per voi, nella ricetta, ho indicato le dosi che dovrete mettere, assolutamente!), ma solo salsiccia, carciofi e ricotta, oltre che alla besciamella e al formaggio (per voi!).
La crosta, l'involucro, l'ho pensato con due tipi di pasta: la brisè sotto, fatta da me e aromatizzata al rosmarino (deliziosa) e la sfoglia sopra (questa l'ho comprata), anche perché secondo me la sfoglia quando è arrotolata non cuoce bene e quindi sotto non l'avrei mai messa. Devo dire infatti che così ha cotto al meglio delle sue possibilità, si è asciugata bene ed era croccante.
Ecco la mia versione light del Timballo del Monsù!
... l'estate scorsa ne ho fatto anche una versione molto più light e vegetariana, il "Gattopardo vegetariano", andate a dargli un'occhiata! cliccate QUA, è ancora più sontuoso!!! e c'è una storiella divertente che lo introduce...
Ingredienti per 5/6 porzioni (stampo a svasare da 20 cm
sotto, 24 cm sopra)
250 g di pasta corta e rigata (io pipe rigate senza glutine)
4 carciofi
2 scalogni
200 g di pola di salsiccia
300 g di ricotta fresca
3 cucchiai di salsa di pomodoro
1 uovo sbattuto
pepe
peperoncino
olio evo
sale
4 cucchiai di parmigiano grattugiato
4 o 5 cucchiai di besciamella molto densa (fatta con 250 ml di latte intero, 1+1/2 cucchiai di farina di riso, olio evo, sale, noce moscata q.b., un pizzico di cannella)
100 g di cubetti di formaggio a pasta morbida (no
mozzarella)
1 disco di pasta sfoglia rotonda (io senza glutine Buitoni)
1 pasta brisé aromatizzata al rosmarino e prezzemolo (per la mia ricetta
cliccate QUA)
+
1 uovo sbattuto per spennellare
Cottura
25 minuti a 200° ventilato già caldo (coprire con alluminio
appena scurisce la sfoglia)
Procedimento (con tutor)