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lunedì 29 febbraio 2016

ricetta Pizza napoletana "velocissima" ... 10 g di lievito e senza glutine

Allora, io la pizza napoletana, quella della pizzeria, per intenderci, preferisco prepararla con la biga, così con 1 solo grammo di lievito ottengo un impasto leggerissimo, digeribilissimo, senza retrogusto di lievito e con grosse bolle nel bordo/cornicione... ... e però! c'è sempre un però, voi che ne dite? Credo che capiti a tutti di non riuscire a preventivare cosa accadrà il giorno dopo e quindi, se non siamo riusciti a preparare la biga, non è che per questo motivo dobbiamo rinunciare ad una buona, e dico BUONA pizza fatta in casa? (vi assicuro, molto più buona di quella che si mangia fuori)...
Ieri pomeriggio, verso l'ora del Tea, mi è venuto in mente che in frigorifero non c'era nulla per la cena... a questo punto, perché non provare a fare la mia solita pizza, ma con la normale dose di lievito? In 2 ore era pronta per il forno!!! Meraviglioso! La prova del bordo/cornicione è superata alla grande, guardate le foto! 
Allora, adesso vi dico come fare, rimandando chi avesse voglia di mangiarla ancora più leggera di così alla ricetta originaria (cliccate QUA) dove la preparo con la biga.





Ingredienti per 2 panetti di Pizza Napoletana velocissima

120 g di Mix B per pane Schaer*
120 g di Farmo Fibrepan (io con lattosio, ma se siete intolleranti va bene anche l'altra versione, la Low Protein, oppure ancora potete usare la Royaline Fibre per pane, o la Conad per pane, o la Lidl, anche se quest'ultima, come risultato finale, è un po' più secca)*
60 g di MixIT universale Schaer  (o Pedon pane, o Biaglut pane)*
230 g di acqua tiepida (30 gradi, in inverno)
10 g di lievito fresco
7 g di sale
5 g di zucchero
1 cucchiaio di olio evo

Procedimento con tutor

sabato 27 febbraio 2016

pane integrale con canapa e lupino ... senza glutine e veloce

Continua la mia ricerca del pane integrale perfetto! Perfetto per noi, ovviamente! Perché nonostante sino ad ora i risultati raggiunti siano discreti, ancora non sono soddisfatta pienamente. Voglio un pane super ricchissimo di fibre, devo sostituire la crusca di frumento e avena... e poi deve avere tante bolle, deve essere croccante fuori e morbidissimo dentro... mica male come pretese vero? Allora, intanto questo pane, che è molto scuro, come alveoli non è venuto affatto male, guardate...




... ed eccolo alla prova morbidezza:





Per quanto riguarda le fibre, sto sperimentando varie farine integrali senza glutine che integro alla base per pane rustico della Schaer... la prova con la farina di miglio bruno integrale è stata ottima (cliccate QUA per vedere la ricetta), pane gustoso, delicato, morbido ma compatto e con microalveolatura (anche se al confronto con quello glutinoso integrale non era affatto differente, ho interpellato il popolo del web - ecco il confronto, guardate voi stessi QUA - che non ha saputo indovinare quale fosse con e quale fosse senza glutine) ... forse avrei dovuto aumentare l'acqua, come sto facendo adesso con la Canapa sativa e il Lupino. Sono alla seconda prova, la prima è andata male, si era formata una bolla gigantesca in cottura ed il pane è collassato al centro. Infatti, per raggiungere una alveolatura simile alla ciabatta (il pane preferito da mio marito), ho aumentato considerevolmente l'acqua, ma la prima volta ho esagerato. Ecco perché come vi dicevo all'inizio la mia ricerca continua! La prossima volta farò altre due modifiche, un poco d'acqua in meno (non troppa però) e un impasto con biga, così da ridurre il lievito. Ma per chi ha fretta, come spesso capita, va bene questa ricetta "veloce". 
Perché la canapa e il lupino? Innanzitutto perché hanno un sapore ottimo, se ben dosati, e poi perché sono ricchissimi di fibre, molto più dello stesso mix industriale preparato proprio per questo. Se nel Brot Mix ci sono 13 g di fibre per 100 g di farina, nella farina di lupino ce ne sono 27 g!!! E nella Canapa sativa ben 46 g!!! Vi rendete conto? Ed inoltre la Canapa sativa ha anche il 20% in meno di calorie delle normali farine. Insomma, la strada è quella giusta. Ma non mi fermo qua!




Ingredienti per due pagnotte da 400 g circa ciascuna

200 g Brot Mix Schaer
200 g Farmo Fibrepan con lattosio
50 g farina di Lupino senza glutine
50 g farina di Canapa Sativa senza glutine
550 g acqua
20 g lievito di birra fresco
1 cucchiaio olio evo
8 g di sale
1 cucchiaino colmo di miele



Procedimento (con tutor)




Impastare come al solito, e cioè:

venerdì 26 febbraio 2016

vellutata di Ceci all’Elicriso e Capesante all’elisir di Zibibbo... il sole della Sicilia in tavola

La Sicilia è l'isola del Sole e i frutti della sua terra ne sono un riflesso, nei loro colori dorati, nelle loro forme, nella loro brillantezza. Così i piccoli ceci, rotondi e gialli, così l'Elicriso, luccicante e argenteo, così l'uva delle isole minori, lo Zibibbo, dolce e preziosa come l'oro. Tre piante resistenti e generose, che delle avversità climatiche tipiche di questa amara Isola hanno fatto una risorsa. Tre frutti del Sole, tre piccole stelle circondate dal mare, che vi propongo di assaporare ad occhi chiusi.

I ceci innanzitutto... 
un legume molto nutriente e buono, dalle mille trasformazioni (tanto per dirne una, la Panella palermitana!)... Si narra che nel 1711 il Vescovo di Lipari, un certo padre Nicolò Maria Tedeschi, si rifiutò di pagare una tassa, il plateatico, per l'utilizzo del suolo pubblico al mercato: 1 kg di ceci, era questo l'importo in natura che avrebbe dovuto versare ai riscossori del Comune per vendere i suoi prodotti nel mercato pubblico. Per un chilo di ceci impose la scomunica prima alle guardie daziarie, poi al paese e infine alla diocesi tutta. Scatenando, con quel chilo di ceci che comunque gli fu subito restituito per metterlo a tacere, una controversia per l'Apostolica Legazia tra il potere ecclesiastico e quello monarchico, che si risolse solo grazie all'intervento pacificatore di Carlo VI d'Austria. 
La pianta del cecio, molto simile alle altre leguminose, è forse tra quelle la più rustica, resistente al sole, al caldo, alla siccità, ai terreni secchi ed aridi... versatile e generosa, ecco perché da sempre in Sicilia è così diffusa e rispettata. 

... e poi il profumo intenso dell'Elicriso
Sparsi in maniera selvaggia lungo la costa liparitana e di tutte le nostre isole minori e non, fanno spesso capolino i cespugli di Elicriso. Potreste anche non vederli, se confusi nella macchia mediterranea, ma di certo non potrete non sentirli! L' Elicriso è un arbusto piccolo e iridescente, dal profumo dolce e aromatico, ma differentemente dal cecio non ha mai scatenato dispute di alcun genere. Questo non significa che nel passato più antico e nobile dell'isola l'Elicriso non occupi un posto d'onore.




Sole (helios) d’oro (chrysos)! L’oro che si riservava agli dei! Questa l'etimologia del nome Elicriso. Con i suoi fiori gialli, coriacei e semprevivi (mantengono nel tempo l'aspetto fresco, senza appassire) sia i Romani che i Greci adornavano le statue delle loro divinità sacre. Usi religiosi, dunque, ma anche  farmacologici, fitoterapici … e culinari! Da sempre le foglie dell'Elicriso vengono usate per aromatizzare risotti, carni e… pesce! Il suo uso, nel tempo, si è circoscritto per lo più alla farmacologia, anche se persiste nella lingua inglese la memoria della sua versatilità organolettica. Nei paesi anglosassoni l’Elicriso è noto infatti come il “curry vegetale” o “pianta del curry” (per saperne di più, vi lascio questi link dove troverete maggiori informazioni su questa antichissima pianta  - cliccando QUA - e tutte le mie ricette con l'Elicriso - cliccando QUA). 

E infine c'è lui, lo Zibibbo...
Cresce la dove la natura più selvaggia e generosa regala all'uomo saggio, che la conosce e l'asseconda, pochi ma preziosissimi frutti. Al riparo tra antiche mura laviche, le piante si adeguano al clima ventoso e si rannicchiano, deformandosi ma non disperdendo del suolo arido nemmeno una goccia d'acqua che la condensa notturna trasforma in perle di rugiada. La loro unica alimentazione. Per questo, tutto ciò che nasce in quest'isola, così come in tutte le altre solitarie testimonianze vulcaniche circondate dalle onde, ha un sapore intenso, caldo, dolce. L'uva piccola, rotonda, profumatissima e altamente zuccherina, lo Zibibbo, è forse il miglior regalo di questo delicato equilibrio tra l'uomo e la natura indomita. 

Non voglio dirvi altro, ma aggiungo solamente che l'incontro tra questi tre ingredienti è celestiale! Mancava il sapore del mare, senza cui ogni altra storia non avrebbe avuto origine. Da qui la presenza del pesce, che siano molluschi, come le Capesante, o altro pesce carnoso del Mediterraneo, poco importa. Basta che sappia di iodio, alghe e sale marino...

Adesso dunque parli il cibo!




Ingredienti per due porzioni (o 8 piccoli finger food)

80 gr di ceci secchi
400 g di acqua
¼ di cipolla bionda (o uno scalognetto)
olio evo
sale
pepe nero e peperoncino piccante
1 rametto di Elicriso (in mancanza, ½  cucchiaino da caffè di curry)
8 piccole capesante (le mie erano surgelate, se le trovate fresche è meglio. Ma potete anche sostituirle con le gamberoni o vongole, oppure ancora meglio con polpa di rana pescatrice, tagliata a pezzetti e cotta allo stesso modo... basta che sia pesce senza spine e carnoso)
Elisir di Zibibbo, poche gocce (posso dirvi come procurarvelo, è una prelibatezza di Pantelleria, ma in mancanza, potreste usare miele liquido di fiori di zagara)
Il succo di mezzo limone



Procedimento (con tutor)

martedì 23 febbraio 2016

Spaghetti con asparagi e funghi



Ingredienti per 4 porzioni

320 g di spaghetti (io senza glutine)
20 asparagi grossi
1 piccola cipolla bionda finemente tritata
1/2 carotina
350 g di funghi misti con porcini (io una busta congelata)
olio evo q.b.
sale pepe nero o peperoncino piccante
15 mandorle pelate
parmigiano grattugiato q.b.
curry un cucchiaino da caffè
p.s. dimenticavo 100 ml di latte intero (non indispensabile si può mettere solo acqua per formare la cremina, ma col latte è più buono!)

Procedimento

Sbollentare in acqua salata gli asparagi e la carota tagliata a cubetti piccoli, scolateli quando sono ancora ben al dente e conservate l’acqua per cuocere la pasta.
Tagliate a rondelle i gambi degli asparagi e conservate le punte intere.
Ammorbidite 1/2 cipolla tritata in acqua calda (quella delle verdure) e poco olio evo. Quindi unite altro olio evo, le rondelle degli asparagi e cuocete a fuoco medio, salando e pepando a piacimento. Prelevatene circa 3 cucchiaiate e frullatele, con un poco d’acqua delle verdure. Riversate la cremina ottenuta sulle rondelle, unite anche le punte, il curry, amalgamate il tutto, spegnete e coprite.
Cuocete i funghi a parte, con la metà della cipolla avanzata e la carota già sbollentata e a pezzettini, preparando un soffritto con queste ultime due e poi unendo i funghi, salando e pepando e cuocendo a fiamma media.

Alla fine unite le due verdure cotte in un unico tegame basso, aggiungete il latte e portatele a bollore, poi abbassate al minimo la fiamma; cuocete la pasta al dente, mantecatela con le verdure, aggiungete le mandorle tritate e il parmigiano poco prima si spegnere, fatelo sciogliere e poi impiattate, con l’ausilio (se volete dare una forma ben precisa) di un coppapasta. Le punte degli asparagi lasciatele in padella e inseritele negli spaghetti in ultimo, a mo’ di decoro.




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Baci, Bimbapimba

lunedì 22 febbraio 2016

il mio Timballo del Monsù

Quando il Principe di Salina, Don Fabrizio Corbera, si stabiliva per l'estate nel palazzo di Donnafugata, l'esercito di cuochi e cuoche a suo servizio si mettevano all'opera dopo mesi di meritato riposo per esaudirne tutti i capricci. 
Come molti di noi ricordano, le cene e i pranzi sontuosi dei Baroni siciliani erano composti da decine di portate, tutte appariscenti ed elaboratissime, ma a quanto sembra non poteva mai mancare nelle tavole felici di allora, e non solamente nobili, il famoso Timballo del Monsù, un pasticcio di maccheroni in crosta contenente al suo interno, oltre la pasta, vari tipi di carne e frattaglie, formaggio, aromi e besciamella (in realtà una sorta di crema dolce). Un'opera d'arte di cui il grande capo cuoco (il Monsù, per l'appunto) delle più ricche famiglie aristocratiche era l'artefice!
Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo "il Gattopardo" ne ha fornito una intrigante descrizione, grazie alla quale questa ricetta, facente parte della nostra storia gastronomica, è entrata anche nella letteratura internazionale:

"L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che emanava non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto e di tartufi impigliate nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio"...



Ben lungi dalla pretesa di sfornare una simile e voluttuosa pietanza, sprigionante sensualità in ogni dove (fra cani che abbaiano, gatti che miagolano e mio marito che fa lavori in giardino non ero molto invogliata in tal senso), oggi ho optato per una versione più leggera e veloce. Ma non meno torreggiante e babelica di quella del Principe! 
Come sempre, ho finito per modificare la ricetta originale (che poi si sa bene che in ogni famiglia ne esiste una differente versione, diciamo che questa è la mia!) in base ai nostri gusti personali e alla disponibilità della cucina. Niente interiora (e ahimè niente formaggio, poiché mio marito non ne mangia per cui io oggi ho dovuto farne a meno ma per voi, nella ricetta, ho indicato le dosi che dovrete mettere, assolutamente!), ma solo salsiccia, carciofi e ricotta, oltre che alla besciamella e al formaggio (per voi!).
La crosta, l'involucro, l'ho pensato con due tipi di pasta: la brisè sotto, fatta da me e aromatizzata al rosmarino (deliziosa) e la sfoglia sopra (questa l'ho comprata), anche perché secondo me la sfoglia quando è arrotolata non cuoce bene e quindi sotto non l'avrei mai messa. Devo dire infatti che così ha cotto al meglio delle sue possibilità, si è asciugata bene ed era croccante.

Ecco la mia versione light del Timballo del Monsù!



... l'estate scorsa ne ho fatto anche una versione molto più light e vegetariana, il "Gattopardo vegetariano", andate a dargli un'occhiata! cliccate QUA, è ancora più sontuoso!!! e c'è una storiella divertente che lo introduce...

Ingredienti per 5/6 porzioni (stampo a svasare da 20 cm sotto, 24 cm sopra)

250 g di pasta corta e rigata (io pipe rigate senza glutine)
4 carciofi
2 scalogni
200 g di pola di salsiccia
300 g di ricotta fresca
3 cucchiai di salsa di pomodoro
1 uovo sbattuto
pepe
peperoncino
olio evo
sale
4 cucchiai di parmigiano grattugiato
4 o 5 cucchiai di besciamella molto densa (fatta con 250 ml di latte intero, 1+1/2 cucchiai di farina di riso, olio evo, sale, noce moscata q.b., un pizzico di cannella)
100 g di cubetti di formaggio a pasta morbida (no mozzarella)
1 disco di pasta sfoglia rotonda (io senza glutine Buitoni)
1 pasta brisé aromatizzata al rosmarino e prezzemolo (per la mia ricetta cliccate QUA)
+
1 uovo sbattuto per spennellare



Cottura

25 minuti a 200° ventilato già caldo (coprire con alluminio appena scurisce la sfoglia)

Procedimento (con tutor)

sabato 20 febbraio 2016

Filetti di Ricciole all’arancia

Certe volte non ho il tempo di cucinare né tanto meno di inventare nuove ricette, un po' come la maggior parte della persone normali, come me. Certe volte però non si fa mente locale su di un aspetto della cucina, che è poi comune a tutte le attività creative, e cioè che la bellezza, e in questo caso la bontà, si nasconde dietro gli aspetti del quotidiano, all'ombra delle cose semplici che non riusciamo a vedere se non dal solito punto di vista. Basterebbe volare un po' più su dei nostri occhi, per accorgersi che tutto appare differente. Con gli stessi oggetti, gli stessi ingredienti, si compongono sempre nuove forme, colori e sapori. Come con questi squisiti filetti di Ricciola, un pesce delicatissimo e prezioso, dal sapore pieno e equilibrato, che se si ha la fortuna di trovare appena pescato bisogna di certo portarsi in cucina, e poi... Poi basta un po' di fantasia, lasciar fare alle proprie mani che spesso sono più libere del nostro pensiero! Ecco come con quei 4 ingredienti (arance, passolini e pinoli e muddica!) che tengo sempre sulle mensole (perché sono parte integrante della mia cultura gastronomica regionale) viene fuori un piatto differente, originale ma per nulla innovativo. E' come se avessi ricomposto la ricetta delle sarde a beccafico, tanto per intenderci. Ma in 5 minuti.



Ingredienti per due porzioni

2 ricciole da circa 250/300 g ciascuna
1 cucchiaio di passolini (uva passa, rinvenuta in acqua tiepida) e pinoli
la scorza di un’arancia biologica
prezzemolo q.b.
olio evo
sale
pepe nero
pangrattato senza glutine q.b.



Procedimento (con tutor)

venerdì 19 febbraio 2016

Savarin alla Escoffier … (senza glutine) con panna e fragoline

"La scoperta di un manicaretto nuovo fa per la felicità del genere umano più che la scoperta di una stella" ... sarà ben lieto di sapere il brillante autore della Fisiologia del gusto (1825), Anthelme Brillat-Savarin, alto magistrato e consigliere della Corte di Cassazione francese di fine Settecento, che tutto il mondo lo ricorderà per sempre per aver contribuito a far nascere una stella nella storia della gastronomia universale: il Savarin, un dolce a forma di ciambella molto simile al Babà ma non identico, e non solo per la forma.

Se nell'Artusi e la sua "Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene" il Savarin è molto più ricco di latte e di burro del Babà, per Escoffier le due ricette prevedono dosi diverse e più equilibrate fra loro. Di certo, sia per l'Artusi, che cuoco non era ma grande intenditore, che per l'Escoffier, una pietra miliare della cucina francese, la presenza del burro è significativa, cosa che invece non si riscontra nella maggior parte delle moderne versioni di Babà e Savarin, che negli anni sono stati omologati sino a diventare un unico dolce con diversa forma. Ma non è così, o almeno non lo era in origine. 





Georges Auguste Escoffier (1846-1935) è considerato il più grande cuoco di tutti i tempi. Arrivò alla celebrità nel 1880 quando prese la direzione delle cucine del Grand Hotel di Monaco, diretto da César Ritz. Inizio di una straordinaria carriera che lo porterà al Savoy di Londra, al Ritz di Parigi e al Carlton Hotel ancora a Londra, dove iniziò la redazione della Guide Culinarie, una bibbia per tutti i cuochi. 
"più impariamo, più ci accorgiamo di dover imparare ancora, e lo studio, spalancando la mente dell'esecutore, gli apre l'agevole via del perfezionamento attraverso la pratica della nostra arte"... con queste parole Escoffier giustificava il senso della sua opera, con cui non voleva fissare delle regole eterne, ma fornire le basi indispensabili ad un'arte, come egli stesso affermava, "fondata, per tanti aspetti, sulla moda, e come lei tanto instabile"*.




Circa la ricetta in questione, così come era uso fare nelle sue indicazioni, il grande cuoco non dà particolari istruzioni sul numero delle porzioni, ma solo le proporzioni fra gli ingredienti che in genere, per un servizio classico, erano sufficienti per 10 o 12 persone. Io ho dimezzato la dose ed ho ottenuto un dolce immenso. Evidentemente la quantità servita, ai suoi tempi, era ancora lontana anni luce dalla Nouvelle Cuisine, dalle diete ipocaloriche e dal concetto di intolleranza alimentare! Ma, come diceva il maestro, "Come non rimpiangere l'epoca in cui i pranzi erano al tempo stesso una cerimonia e una festa? Quando la nostra antica cucina francese dava mostra di tutte le sue meraviglie, per la gioia suprema dei buongustai? Come non approfittare con letizia di ogni occasione che si presentasse, per sacrificare a Comus, il dio gioioso della buona tavola e dei festini?"

* testi tratti dalla Guida alla Grande Cucina di Auguste Escoffier, Franco Muzzio Editore






In cucina come nella vita tutto è destinato a cambiare, per seguire le esigenze dei tempi e delle mode e un bravo cuoco, come era Escoffier, non poteva non tenerne conto. E poiché io non sono affatto una maestra, com'era lui, ma un'invisibile discepola dilettante semplicemente innamorata di questa scienza che è la gastronomia, per cambiare una cosa devo prima conoscerne i principi base, le origini. Ho sempre avuto una passione per il Savarin, nonostante non ami molto i liquori ma qui, secondo le regole, il liquore non può mancare. Anthelme Brillat-Savarin 'sembra' infatti che abbia inventato un punch (lui era un appassionato cultore del punch inglese) a base di Rum, limone, arancia e zucchero, tagliato con l'acqua, per inzuppare questo dolce a forma di ciambella che forse le sue sorelle, durante l'estate, usavano servirgli durante i loro luculliani pranzi. Insomma, se fu o non fu il re polacco Stanislao Leszczynski ad inzuppare il primo dolce nel Rum, sta di fatto che Savarin si inventò uno sciroppo adatto alla frutta (si perché nel cuore del Savarin non può mancare la frutta fresca) con cui imbibire i dolci come questo magnifico ciambellone, che però non è un babà!!!


"Gli animali si pascono, l'uomo mangia; solo l'uomo di spirito sa mangiare" 


J. A. Brillat-Savarin, La fisiologia del gusto (1825)



E adesso la cosa più difficile... la sglutinatura!!! Togliendo il glutine bisogna aumentare i liquidi, questo ormai lo sanno tutti... ma aumentando i liquidi l'impasto non si può più lavorare come dice Escoffier (sbatterlo con le mani, sino a sollevarlo in un'unica massa! è impossibile)... va bene, diremo noi, farà tutto lo Xanthan (Xantano), sostituendosi alle proteine glutinose che danno elasticità all'impasto. Be', non è proprio così, non verrà mai un dolce veramente spugnoso perché, se l'ammacchi forte, lui si buca, non torna indietro. Pazienza, ci accontenteremo della buona alveolatura e del sapore, che mi hanno dato grande soddisfazione. La prossima volta però cambierò le farine, voglio vedere cosa succede con quelle per il pane (proverò con la Royaline, un mix siciliano molto buono e senza retrogusto, oppure con quelle per dolci lievitati, come la DallaGiovanna), anche perché ho già fatto una volta il babà con le farine naturali addizionate di Xantano e il risultato non era affatto migliore di questo, per la verità ricordo una consistenza gommosa e dura. In attesa del mio nuovo Savarin vi lascio questa ricetta, era la prima volta che la facevo e non ho trovato molte difficoltà (ricordatevi che siamo celiaci e quindi in un certo senso abituati alle difficoltà), è venuto spettacolare e molto buono. Non è elastico come dovrebbe, diciamo che è come un babà un po' più asciutto. Ma il sapore è eccellente. L'importante per questo dolce, come dice la sua storia, è mangiarlo ben imbevuto! 
Da siciliana DOC, l'ho profumato alle arance e al mandarino, ovviamente!
A voi l'esecuzione (non è difficile, però ci vuole la planetaria, altrimenti una forza di braccia inusuale!)




Ingredienti per 12 porzioni 
(stampo a ciambella antiaderente alto 10 cm, largo 24 cm circa sopra, 16 cm circa sotto)

185 g di burro (io, Escoffier 375 g)
300 g di farine senza glutine Mix It Schaer Universale (io. Escoffier 500 g di farina per dolci)
4 uova medie (io biologiche, ovviamente. Escoffier 8)
10 g lievito fresco (io, Escoffier 20 g)
7 g sale (io, Escoffier 15 g)
30 g zucchero (io, Escoffier 25 g)
180 ml latte tiepido (io, Escoffier 100 ml)
25 g di pasta di mandarini bio (io)
½ bustina di vanillina (io)

Per lo sciroppo al Rum agrumato

1 l di acqua
400 g di zucchero
la scorza di un limone bio
la scorza di un’arancia bio
100 g di Rum

Per la lucidatura

qualche cucchiaio di marmellata (io di arance bio, ma in genere si fa con quella di albicocche) sciolta in un po’ di sciroppo al Rum

Per la farcitura

1/2 l di panna fresca da montare
80 g di zucchero a velo (che sia senza glutine, per i celiaci)
2 vaschette di fragoline di bosco

Procedimento con tutor

Ho seguito pedissequamente (glutine non permettendo! ho infatti aumentato i liquidi) la ricetta di Escoffier, quindi ...