Un paio d’anni fa Anubi se n’è andata per sempre. Viveva con
una splendida famiglia umana che l’ha accolta amorosamente nella sua casa quando,
ormai anzianotta e sperduta, corse il rischio di finire i suoi giorni in una
triste gabbia di metallo.
Non la vedevo da molti anni, troppi. Per lei io ero
diventata un’estranea. I cani dimenticano? Tanti dicono di no, che i cani
ricordano il bene e il male ricevuto. Allora forse non si sarà dimenticata di
me, e se fossi andata a trovarla mi avrebbe riconosciuto. Ma io non l’ho fatto.
Punto.
Anubi era la sposa di Trottolino. Era una splendida lupa
tutta nera, col pelo lucido, le orecchie lunghe, affilate, tese. Quando arrivò
nel parcheggio del nostro ristorante, giovane e snella, Trottolino se ne innamorò
subito, come d’altronde faceva con tutte le belle cagnette del quartiere, ma a lei
non la lasciò più. Le stette sempre vicino, eccetto che durante le sue
innumerevoli fughe d’amore. Anubi divenne la sua compagna fissa, d’avventura,
passione e gioco. La loro fu una vera storia d’amore.
Trottolino a quei tempi era nel fiore della sua mascolinità.
Un giovane adulto dal pelo corto e un po’ ispido color miele, alto, snello, muscoloso,
irrefrenabile, allegro e sempre sorridente, gioioso, vivace… una trottola di
latta, di quelle che stanno sulla punta d’acciaio e girano vorticosamente, colorate
e splendenti, per la felicità dei bambini e degli adulti. Trottolino era così.
Un amore di meticcio purosangue, incapace di far del male ad una mosca. Timoroso
forse un po’, per via di alcuni idioti umani che non riuscivano a vedere
cotanta grazia e luminosità, fermandosi all’aspetto che, solamente ad occhio superficiale,
diceva: sono un bastardo dello Zen, sporco e puzzolente, e anche un po’ troppo
esuberante. Potrei pure mordere, stammi lontano…. Anzi, forse è meglio che
chiami il Canile municipale, così ti liberano il passaggio!
E fu proprio a causa delle stupidi e immotivate paure
dell’uomo che ebbe termine la bellissima storia d’amore di Trottolino e Anubi.
Trottolino era nato lì, nel parcheggio dove ha vissuto la
sua non lunghissima ma posso dire felice vita da playdog. Prima di lui venne
sua madre, stessa razza: meticcia purosangue, pelo corto e ispido color miele.
Però lei era bassa, chiattona, sciancatella, lenta nei movimenti, forse anche
perché spesso incinta, ma egualmente buona, dolce e sorridente come quel figlio
che partorì in un vicino giardino e che, non appena ebbe l’esigenza di
svezzare, portò nella grande casa-parcheggio dove si sentiva più sicura. Poi
sparì per sempre. Prima però gli insegnò a cercarsi il cibo presso gli umani
(che eravamo noi e pochi altri negozi che usufruivano di quel grande spiazzale
adibito a parcheggio privato per automobili e che ogni sera, alla chiusura
delle varie attività, veniva serrato con un enorme cancello scorrevole che, in
cuor mio, metteva al sicuro i nostri teneri ed innocenti ospiti pelosi!). A
Trottolino e a sua madre, ma anche alla colonia di mici che vivevano tranquillamente
con loro, non mancò mai la pappa. Una speciale pappa, poiché oltre agli avanzi
gustosi del ristorante, puntati per la notte, di giorno ricevevano ossa e
ritagli di carni di ogni tipo dalla macelleria che, per loro fortuna, stava
proprio accanto a noi, in quel grande e generoso parcheggio. Per questo quando
la madre non tornò più, il nostro giovane amico riuscì a cavarsela lo stesso.
Trottolino rimase senza mamma quando aveva circa quattro
mesi, forse cinque. Non ricordo bene. Ma la sua esistenza era talmente colma di
stimoli e continue avventure che non ne soffrì troppo. Non so se la notte,
specie durante le prime gelate invernali, gli mancò l’abbraccio caldo e dolce
della mamma, probabilmente si. E forse anche per questo motivo, andò a
cercarselo ben presto presso le sue tante amichette che madre natura gli fece
conoscere. E poi chissà come e perché anche gli umani, non tutti ma molti, non
gli negavano mai una carezza, un abbraccio affettuoso, che lui ricambiava con
una leccatina e un profluvio di sculettanti saluti. Trottolino tutto sommato è
stato un cane fortunato.
E la sua beatitudine si colmò quando conobbe Anubi. In un
certo senso divenne stanziale, un po’ come gli umani che formano famiglia. La
sera si ritirava sempre, mai mancava ai succulenti pranzi domenicali serviti
dagli amici ristoratori, e accompagnò regolarmente sua moglie dal medico,
specie quando ‘aspettava’ i bimbi. Insomma, un bravo maritino, amoroso e presente
come pochi. Il loro letto nuziale, con ogni probabilità, fu lo stesso dove,
qualche mese dopo, la dolce Anubi, diffidente e paurosa con tutti, consentì a
me e a mia sorella di accedere, per conoscere i suoi cinque pargoletti
multicolore! Che giornata! Venne come al solito per mangiare, era ora di
pranzo, era domenica, ma anziché divorare come faceva durante l’allattamento i
pezzetti di carne che le preparavamo, ne mise in bocca quanti più possibile e
si allontanò, voltandosi d’un tratto, prima di girare l’angolo, giù in fondo al
parcheggio. Ci guardava, stanca e speranzosa di vederci prender passo verso di
lei. Ovviamente senza neanche pensarci un attimo le siamo precipitate dietro,
prima che se ne potesse pentire. Nutrivamo un sacrosanto rispetto nei suoi
confronti, non solamente perché madre, ma, di più, perché Anubi incuteva un
certo timore, forse per via dei suoi occhi lucidi e severi, incorniciati dentro
una scultura d’ossidiana. Era una dea, non v’è dubbio, anche un po’
vendicatrice. Anubi sapeva mordere, in effetti, e qualche volta lo ha fatto.
Insomma, mai c’eravamo sognate di andare a cercarla nel parco della villa
settecentesca dove aveva la sua tana, il suo nido d’amore con Trottolino, e
dove di certo aveva anche partorito i suoi cuccioli. Ma da quella domenica si.
Ci andammo gaudenti perché ci aveva invitato lei. A noi due, solamente a noi. E
quando li abbiamo visti, quei tesori, ce li ha pure fatti toccare, accarezzare,
prendere in braccio. Non sapeva, non poteva immaginare che l’avremmo tradita,
noi, proprio noi. Uno ad uno qualche tempo dopo, già svezzati, glieli abbiamo
tolti per darli ad altrettante famiglie umane, che spero li abbiano amati tanto
quanto avrebbe fatto lei. Scusami Anubi.
Ma l’umano, si sa, ha timore dei branchi di cani, li reputa
pericolosi e, come ahimè sempre più spesso avviene, ne auspica l’eutanasia!
Risale a pochi giorni fa il caso del veterinario (ebbene si, proprio un
veterinario, il medico degli animali, colui che dovrebbe sostenerne la tutela!)
il quale, morso da un cane che, a detta di chi lo conosce meglio, non è nemmeno
pericoloso (proprio come non lo era Anubi), ha sciorinato sul social network
maledizioni e auspici nefandi per quell’animale e per tutti i randagi
aggressivi. Purtroppo istigazioni del genere possono condurre ad emulazioni a
catena, come se già non ci fosse in giro un numero consistente di umani
pericolosamente armati di demenza, che sfogano i loro vuoti esistenziali contro
i più deboli! Per questo motivo non potevamo lasciare che la famiglia di
Trottolino e Anubi si allargasse. Per il loro bene, per ben due volte, abbiamo
dovuto separarli dalle cucciolate che la nostra bella signora nera mise al
mondo. Poi basta. Venne un dottore buono che la fece riposare un pochino e,
quando si svegliò, le regalammo un collare da regina, che lei elegantemente
portò e sopportò per tutto il tempo necessario. Seguirono anni sereni, più per
lei che per suo marito, il quale dovette tornare a cercar sfogo nelle proprietà
circostanti. Purtroppo.
Anubi intanto cominciò ad abituarsi a più lunghi momenti di
solitudine. Trottolino mancava a volte anche per due tre giorni di seguito.
L’accoppiamento non sarebbe in sé una cosa difficile, specialmente per lui che
non conosceva limiti. Ma l’umano spesso si mette fra i piedi, talvolta anche a
ragione, sia detto. Ragioni però che per ovvi motivi erano del tutto incomprese
dal nostro caro cagnolone, ormai più che maturo e fermamente deciso a dar
tregua ai suoi bollenti spiriti nel modo più naturale possibile.
Ahhh, caro Trottolino amoroso, quanto ti è costata la tua
tracotanza! Ma chi avrebbe mai potuto dirti no, non andare, lascia stare! E
perché, mi avresti risposto, io sono fatto così, lasciami vivere!
Tornò da noi, nel grande parcheggio, per ben due volte
ferito gravemente da colpi di fucile. Cosa avrebbe mai potuto fare un cane
docile e incapace di attaccare come lui, se non dare disturbo a qualche
cagnetta in calore, di qualche crudele membro della razza umana? Fucile a
pallini, fucili da caccia, per fortuna direi, altrimenti non sarebbe
sopravvissuto. Guai a mettere incinta il cane di un cacciatore. Quelli non
hanno mezzi termini, quelli sparano e ammazzano. Stop.
Per fortuna Trottolino non è morto per una fucilata. Era
forte e resistente, le ferite si rimarginarono entrambe le volte e il nostro
caro amato dongiovanni si rimise in piedi. Ma l’età ormai c’era e la seconda
volta l’umano fece il suo ennesimo danno. Trottolino guarì, ma divenne
improvvisamente vecchio. Non uscì più, rimase sempre entro i confini del
parcheggio e dei giardini limitrofi, dove non v’erano femmine e quindi non c’era
neanche il rischio di attacchi ingiustificati. Tutti lo conoscevano, in quel suo
piccolo grande regno, e nessuno gli avrebbe mai fatto del male. Altrimenti
avrebbero dovuto vedersela con noi, in ogni caso.
Ma Trottolino era ormai stanco, il suo sguardo pian piano si
spense, perdendo la vivacità di un tempo che la si poté intravedere solamente
nelle sue immancabili sculettate. Passavano, lui e Anubi, la maggior parte del
tempo nel vastissimo e antico giardino retrostante il nostro ristorante. Era ed
è, quel bellissimo ricordo, il parco di una villa della Piana dei Colli di
Palermo, là dove, tanto tempo fa, sono nata io ma dove ormai, da allora, non
abitava più nessuno. Forse anche per questo motivo ero certa che in quel posto
i miei adorati amici erano al sicuro. Ogni tanto, attraverso gli squarci
esistenti del vecchio muro di confine, tentavo incursioni improvvise e, spesso,
negli ultimi anni, ho avuto modo di vederli giocare e correre attorno ai resti
di una grande fontana o a zig zag, fra i tronchi degli antichi alberi di limoni
e mandarini. Poi un giorno, all’improvviso, Anubi venne a cercarci. Non li
vedevamo da tempo, erano soliti ritirarsi nel parco e non uscirne per lunghi
periodi. Noi eravamo certi che stessero bene perché la notte, prima di andar
via e di chiudere il cancello, gli riempivamo le ciotole di pappa e acqua. Non
solo noi, ma anche quella meravigliosa coppia di umani che poi, quando Anubi è
rimasta sola e vecchia, la hanno adottata. Ogni notte, prima di rientrare, ci
fermavamo a chiaccherare un po’, e spesso, non sempre, Trottolino e Anubi, sentendo
le nostre voci nel silenzio profondo delle notti fuori città, ci raggiungevano
festosi. E comunque, anche quando non si facevano vedere, l’indomani le ciotole
erano vuote. Di cibo ce n’era in abbondanza, per loro e per i loro amici gatti!
Quella volta però abbiamo capito che qualcosa non funzionava.
Anubi entrò nel ristorante ma senza chieder cibo… aveva bisogno di compagnia.
Evidentemente Trottolino si era allontanato di nuovo, come ai bei vecchi tempi..
forse… e non si è più visto. Qualcuno lo ha ucciso, magari mentre era in preda
ad un suo furore d’antico sapore, oppure è stato investito da una macchina o… Trottolino
ci è mancato, molto. A noi tutti, compreso al vecchio parcheggiatore, u zu’
Ciccio, al quale teneva compagnia in attesa dell’uscita dei clienti. Nessuno di
loro, e dire che ce n’erano di antipatici e snob, si lamentò mai del nostro
Trottolino. Riuscì ad entrare nel cuore di tutti perché era simpatico e innocuo.
Anubi invece ci ha creato qualche problemino. In effetti il suo sguardo non era
rassicurante, tutt’altro! E però lei non dava confidenza a nessuno, erano gli
altri ad avvicinarsi troppo. Così, magari per via di una reciproca antipatia
(il cane fiuta chi odia o ha paura di lui, ma capisce anche quando attaccare e
quando no), la nostra dolce mamma nera ha pure colpito, mettendo a segno due
buchetti nel polpaccio di qualche avventore.
Per colpa di questo suo piccolo difetto (lo avrà fatto in
dieci anni solamente un paio di volte) i nostri cari vicini di attività hanno
chiamato il Canile. Cane morsicatore! E il Canile si è mosso. La prima volta
siamo andati a riprendercela. La seconda l’abbiamo nascosta nel parco della
villa. Poi, quando è rimasta sola, le cose sono peggiorate. Impaurita e nervosa,
girava fra le macchine generando sempre più timore, ingiustificato perché dalla
scomparsa di Trottolino non ha morso più nessuno. Era inquieta. Il pelo
ingrigito, gli occhi velati di malinconia, iniziò a mangiare sempre meno e a
farsi vedere di rado la sera. Proprio quando c’ero io e avrei voluto carezzarla
e farle tante coccole. Ma lei era restia agli eccessi di confidenza. Lei era
una regina.
La nostra regina disadorna è morta da poco tempo. Grazie
alla sua nuova famiglia, che l’ha salvata per l’ennesima volta dalla tristezza
di una gabbia in metallo nella quale Anubi non sarebbe sopravvissuta molto
tempo, la nostra dea nera ha vissuto a lungo, molto più del suo amato amore
della vita. Ho saputo che è stata ancora una volta felice, con un anziano
compagno di giochi, il cane dei suoi nuovi genitori umani. Ed ha fatto sino al
suo ultimo giorno di vita lunghe passeggiate al guinzaglio arrivando al grande
parcheggio, per cercare invano l’odore del suo primo, unico vero amore. Ma
Trottolino doveva essere in giro a femmine, in quel paradiso abitato solo da
animali dove vorrei stare pure io.
Arrivederci, amici miei.
io sono Bimba Pimba! |
Giggia, il mio spirito libero |
Geo, detto Bogart, pastore dello Zen |
la regina Gelsomina |
un uomo e un cane |
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